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Di erreterra, estratto senza note esplicative. Licenza Creative Commons CC-BY-NC-ND 4.0
A proposito della fondazione del Convento di Montecarlo occorre premettere che sui primi tre secoli e mezzo della sua storia, dalla propria mano dei frati che lo abitarono non abbiamo notizie o carte di alcun genere.
I primi a scriverne qualcosa, da fuori, in lingua volgare e latino ed in circostanze, tempi e luoghi distanti dai fatti e dal convento, sono stati i cronisti francescani Mariano da Firenze, Dionisio Pulinari e Luke Wadding. Fiorentini i primi due, irlandese il terzo, tutti nati tra cinquant’anni ed un secolo e mezzo dopo la fondazione del convento e motivati da preoccupazioni religiose ed apologetiche dell’Osservanza prima che storiche.
Dei tre il più vicino all’epoca della fondazione di Montecarlo – dove molti anni dopo venne messo ‘di famiglia’- fu Mariano da Firenze. Autore di trattati, biografie, opere di ambito francescano, due sue cronache furono le fonti principali sia di Pulinari che di Wadding: il Fasciculus Chronicarum Seraphici Ordinis Minorum e la Brevis Chronica Provinciae Tusciae, entrambe solo manoscritte ed entrambe andate perse nel ‘700, ragion per cui le conosciamo solo attraverso gli altri due che ne riversarono, più o meno integralmente, i contenuti nelle Cronache dei Frati Minori della Provincia di Toscana, scritte in volgare da Pulinari nel 1580 e negli Annales Minorum seu Trium Ordinum di Wadding pubblicati a stampa a partire dal 1625.
Per quanto riguarda l’insediamento francescano a San Giovanni Valdarno, i due cronisti, essendo comune ed unica la fonte, raccontano le stesse cose con piccole differenze: i frati arrivarono a Montecarlo intorno al 1429 (Pulinari) o nel 1423 (Wadding), transfughi dal vicino convento di Ganghereto a Terranuova, abbandonato per ordine di Bernardino da Siena causa la licenziosità di una festa che i terranuovesi pretendevano svolgere nel piazzale della chiesa; il luogo dove costruire gli edifici religiosi fu donato dal fiorentino Carlo Ricasoli al suo amico frate Antonio del Fornaio (Pulinari) o direttamente a Bernardino da Siena che lo girò ai frati di Ganghereto (Wadding); il donatore si assunse l’onere di adattare a convento la propria villetta (Pulinari) o il preesistente edificio rurale (Wadding) e la sua generosità fu premiata dai religiosi ribattezzando Monte Carlo la collina prima detta Monte Ortale ed infine che l’insediamento dei frati a Montecarlo fu fortemente avversato da Poggio Bracciolini e dagli abitanti di Terranuova.
Non è molto ma ai testi di Pulinari e Wadding – e principalmente del primo perché scritti in volgare – faranno riferimento tutti coloro che scriveranno poi del Convento di Montecarlo, tramandandosi inesattezze anche gravi.
A parte la memorialistica francescana ed in contrasto stridente con il lungo silenzio dei frati, i soggetti che in quei tre secoli e mezzo interloquiscono con loro sono tanti. Questa che segue é una selezione che copre l’intero periodo della lacuna documentale, scegliendo esclusivamente eventi supportati dalle relative documentazioni (l’elenco tiene conto anche dei documenti sulla fondazione del Convento che ho ritrovato lo scorso Marzo all’Archivio storico dei Frati minori e di quelli precedentemente acquisiti all’Archivio di Stato di Firenze riguardanti il Catasto del 1427 e 1433, gli Arroti del 1522, le Provvisioni dei Consigli Maggiori e le deliberazioni degli Otto di Guardia e di Balia della Repubblica):
1427, Atti notarili riguardanti la donazione Ricasoli ai frati del Monte Ortale a Castel San Giovanni; 1427, i frati dell’ Osservanza di S.Francesco a Monte Carlo presso Castel S. Giovanni figurano nel Catasto fiorentino di quell’anno; 1429 12 Dicembre, in una lettera al suo amico Niccolò Niccoli, Poggio Bracciolini spiega le ragioni della sua pretesa ostilità all’insediamento francescano di San Giovanni; 1435 22 Gennaio, Francesca di Prete Vanni, in religione suor Simona pinzochera, lascia i propri beni al Convento; 1438 Febbraio, il Consiglio Maggiore e l’Opera del Duomo di Firenze donano ai frati, su loro richiesta, il legname per completare la costruzione della Chiesa di S. Francesco; 1450 4 Settembre, Lionardo del Longo dona ai frati un pezzo di terra lavorativa vignata in Castel S. Giovanni; 1461, la Biblioteca del Convento della Verna regala due messali ed un breviario al Convento di Montecarlo; 1466, l’Abate Nicholai de Fagnis dona ai frati una casa in Castel S. Giovanni; 1477 25 Aprile, il Vicario provinciale dell’Osservanza celebra il Capitolo al Convento di Montecarlo; 1479, gli Otto di Guardia e di Balia ingiungono ai frati di sospendere le prediche contro gli ebrei e la loro attività di prestito in Castel S. Giovanni; 1484, al frate Guardiano del Convento viene attribuito il ruolo di Correttore spirituale dell’Oratorio; 1491 29 Aprile, il Vicario Francesco Brandi celebra il Capitolo provinciale dell’Osservanza nel Convento di Montecarlo; 1507 7 Maggio, il Vicario fra Ilarione celebra il Capitolo provinciale dell’Osservanza al Convento di Montecarlo; 1510, la Comunità di San Giovanni delibera elemosine periodiche per i frati;
1522 20 Marzo, Codicillo col quale Bindaccio Ricasoli lascia il danaro per la ricostruzione della Cappella maggiore e della Sacrestia; 1538, il Vescovo Bonaventura Dalmatino consacra la chiesa di Montecarlo; 1538, il frate Giuliano Ughi, teologo, predicatore e storico francescano tiene un ciclo di prediche a San Giovanni; 1561 16 Settembre, il Papa Pio IV concede l’indulgenza plenaria a coloro che, il dì della Festa di S. Francesco visiteranno “la chiesa di frati di santo Francesco detta di Montecarlo fuori et vicina al Castello di S. Giovanni di Valdarno di Sopra”; 1564 9 Dicembre, la Compagnia della Concezione dona ai frati l’Ospizio di Castelfranco di Sopra; 1577 26 Gennaio, la Compagnia della Vergine di Radda affitta ai frati alcune stanze dell’ Ospizio; 1598-99, Il Convento lascia la famiglia della regolare Osservanza ed aderisce alla Riforma o Stretta Osservanza; 1611, 1613, 1650 si tiene a Montecarlo il Capitolo provinciale della Riforma; 1712, S. Lorenzo da Porto Maurizio predica per l’Oratorio di San Giovanni, ospite a Montecarlo.
Benché non esaustivo, questo elenco implica l’esistenza di un archivio conventuale di rispettabile consistenza o tale, comunque, da non poterne attribuire la totale scomparsa a banali e sia pur continue dispersioni dovute all’incuria dei frati o altri accidenti come topi, umidità, furti casuali. Pare più ragionevole pensare che le carte siano andate disperse durante una o più circostanze eccezionali e traumatiche delle quali la storia dei frati di Montecarlo è malauguratamente ricca.
Di esse, con specifico riferimento agli archivi conventuali, ne vengono in mente due ed egualmente importanti: gli eventi politici valdarnesi del periodo 1431-1529 e le tribolazioni religiose francescane che ne hanno condizionato la storia sin quasi i nostri giorni.
La prima emergenza è condivisa dalla stessa Città di San Giovanni ed è molto probabilmente dovuta alla stessa causa: “Al tempo della guerra, nella passata de’ soldati l’anno 1527, tucti li statuti et riforme antique andarono in mala via insieme con molti altri libri e scripture di detto Vicariato poste nel detto palazzo, per esser andato a saccho tutta la terra”.
Scritta ai primi del 1527, questa avvertenza non poteva prevedere che, nell’incipiente autunno, quegli stessi soldati – quattordicimila Lanzichenecchi assoldati dal Signore della guerra Georg von Frundsberg, reduci dal Sacco di Roma e diretti a quello sperato di Firenze, nuovamente avrebbero devastato San Giovanni ed il suo territorio ed in entrambi i casi perché ‘parcheggiati’ in Valdarno senza stipendio e senza vettovaglie prima da Papa Clemente VII Medici alleato di Francia, Firenze e Venezia in guerra contro Carlo V, poi dallo stesso Papa alleato stavolta con Carlo V in guerra contro Firenze che aveva osato liberarsi dalla signoria della sua famiglia.
Di ciò che fecero i ‘Lanzi’ nelle due soste valdarnesi lo sappiamo dagli storici coevi fr. Giuliano Ughi della Cavallina:” … E così presto l’esercito si condusse in Valdarno; dove ogni cosa saccheggiarono, eccetto Castelfranco, per essere luogo forte e perchè si aiutarono bene con i denari”, Benedetto Varchi: “Nel tempo ch’egli [il principe d’Oranges ndr] soprastette a Montevarchi, a San Giovanni e a Fighine, non è possibile a credere i danni che vi fecero di tutte le sorte, così i fanti, come i cavalli; conciossiacosachè i castellani quasi tutti, così i maschi, come le femmine, s’erano fuggiti a torme, con miserabili scomodi e disagi, chi alle montagne, chi per le selve e chi ad altre castella più remote, senz’aver avuto agio di sgomberare altro che alcuna parte delle robe più sottili” e Philibert de Chalon, Principe d’Orange e Vicere di Napoli che quei mercenari conduceva, andando a sua volta a morire sotto le mura di Firenze: “ Terranuova, Laterina, Ponte Levane, Monte Varchi, où il était le 23 et où il fit reposer ses troupes quelques jours; San Giovanni, Figline du val d’Arno, Signa et l’Incisa furent les derniere étapes qu’il eut à parcourir avant d’arriver à Florence. Il les franchit sans encombre en un peu plus d’une semaine, mais non sans que l’armée causât des ravages sur sa route. Les populations, effrayées, se sauvaient dans les montagnes, se cachaient das le bois, en un mot partout où elles croyaient être en lieu sûr”.
Da notare che questi eventi politici coincidono quasi perfettamente con il primo secolo di vita del Convento di Montecarlo e furono i peggiori degli ultimi mille anni per la Valle, le terre e le popolazioni di Figline, San Giovanni, Terranuova e Montevarchi che per quattro volte di seguito vennero devastate, saccheggiate ed appestate dagli eserciti mercenari di Filippo Maria Visconti (1431), di Papa Sisto IV Della Rovere, dell’Imperatore Carlo V e di Papa Clemente VII Medici (1529).
La seconda circostanza traumatica per le carte del convento riguarda le tribolazioni religiose francescane durante le quali le principali famiglie religiose si riunirono e divisero più volte secondo criteri territoriali e spirituali e più volte decine di conventi e centinaia di frati migrarono attraverso famiglie, custodie e case religiose portandosi appresso o abbandonando alla loro sorte i loro archivi conventuali e personali.
La migrazione di questi archivi ebbe un culmine negli ultimissimi anni dell’800 quando, in seguito all’ultima grande ristrutturazione territoriale delle tre Province minoritiche, la gerarchia dell’Ordine decise che da tutti gli archivi conventuali venissero estrapolati i documenti riguardanti una provincia diversa da quella attuale di appartenenza e ad essa attribuiti.
Questa decisione, applicata al convento di Montecarlo, appartenuto alla Provincia Osservante sino al 1599 e dopo a quella Riformata, dovrebbe essersi tradotta nel trasferimento alla Provincia Osservante di S. Bonaventura di tutte le carte prodotte sino al 1599, quando ancora il Convento a quella Provincia apparteneva. E, del resto, gli atti di donazione e fondazione del convento ritrovati nel corso delle mie ricerche, all’Archivio della Provincia di S. Francesco Stimmatizzato ci sono arrivate con l’acquisizione dell’Archivio della Provincia di S. Bonaventura (Osservanza) avvenuta addirittura nel 1946.